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I giardini di parole di Giuseppe Tomasi di Lampedusa

In questa rubrica, che prende in prestito il suo titolo da un' antologia curata da Giovanni Pellinghelli (ed. Ortochiuso & C., Milano, 1997), vogliamo condividere con voi le nostre letture e, grazie alle capacità evocative della parola, invitarvi a passeggiare nei nostri giardini di parole.

"Ma il giardino, costretto e macerato fra quelle barriere, esalava profumi untuosi, carnali e lievemente putridi,  come i liquami aromatici distillati dalle reliquie di certe sante; i garofanini sovrapponevano il loro odore pepato a quello protocollare delle rose ed a quello oleoso delle magnolie che si appesantivano negli angoli; e sotto sotto si avvertiva anche il profumo della menta misto a quello infantile della gaggìa ed a quello confetturiero della mortella; e da oltre il muro l’agrumeto faceva straripare il sentore di alcova delle prima zagare (...). Le rose Paul Neyron , le cui piantine aveva egli stesso acquistato a Parigi, erano degenerate; eccitate prima e rinfrollite poi dai succhi vigorosi e indolenti della terra siciliana, arse dai lugli apocalittici, si erano mutate in una sorta di cavoli color carne, osceni, ma che distillavano un aroma denso quasi turpe, che nessun allevatore francese avrebbe osato sperare. Il Principe se ne pose una sotto il naso e gli sembrò di odorare la coscia di una ballerina dell’Opera."

Giuseppe Tomasi di Lampedusa da "Il Gattopardo"

 



 

Ultima modifica il 15/11/2012

 

 

 

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